Elisabetta Bono: costruire bellezza con libertà creativa – la visione italiana dietro Schumacher

Oggi incontriamo Elisabetta Bono, Managing Director di Schumacher, l’azienda di design statunitense fondata nel 1889, punto di riferimento internazionale per i tessuti, le carte da parati e le finiture di alta qualità.

D: Buongiorno Elisabetta, iniziamo dai fondamentali: ci racconti il tuo percorso professionale?

R: Parto dall’oggi: sono arrivata in Schumacher esattamente l’8 gennaio 2024, attratta dall’opportunità che mi veniva offerta di “partire dal foglio bianco” per definire la strategia con cui affrontare il mercato italiano, costruire la mia squadra e far crescere il brand. Io, che ho una fortissima propensione a creare realtà professionali anche da zero, non me la sono lasciata scappare. Può sembrare strano che un’azienda con 135 anni di vita conceda tanta libertà, ma è proprio quello che mi ha conquistato di Schumacher: il suo essere un brand “antico” eppure fresco e in trasformazione perenne. Oggi, a Milano siamo un team di 5 persone con un bellissimo showroom nel cuore di Brera e un sacco di progetti che ci appassionano.

In precedenza, ho lavorato in Gessi, dove ho creato il settore contract, poi in Fontanarte, in UnoPiù e in Dedar.


D: Una carriera legata a doppio filo con il bello e il design, sembra di capire.

R: Sì, è così, mi piace l’idea di esercitare il mio istinto per le cose belle in qualsiasi settore e ambito della vita. Se entro in una stanza, il mio sguardo è subito attratto dai dettagli che la rendono unica, e mi viene automatico pensare a come rendere quello spazio ancora più piacevole (magari eliminando le cose brutte!).

D: Quali sono le sue fonti di ispirazione?

R: Direi soprattutto l’arte moderna, che per me rappresenta l’armonia e la misura. Se devo citare un maestro, non posso che fare il nome di Gio Ponti, che ho imparato a conoscere e ad apprezzare soprattutto nei miei anni in Fontanarte, insieme naturalmente agli altri grandi nomi del design italiano.

Salone del mobile Toscanini


D: Che cosa rende unica Schumacher?

R: La forza di Schumacher sta nella grande creatività che pervade ogni sua attività e nell’assoluta libertà di azione che l’azienda concede a noi tutti: manager, designer, a tutti. Schumacher punta sulla varietà, come dimostra l’imponente collezione di prodotti, che colgono le peculiarità e la bellezza di tutte le manifatture del mondo. A differenza di altri brand del settore, che elaborano un proprio stile per poi riproporlo attraverso varianti, noi scegliamo di spaziare senza porci limiti se non quello della massima qualità e del savoir faire. Mettendo al centro l’utente, componiamo un’offerta che abbraccia forme di artigianato molto diverse tra loro, ma che possono convivere se combinate ad arte e dare luogo ad accostamenti inediti e ad ambienti ricchi di personalità. Tutto questo è possibile grazie alla ricerca che l’azienda compie e alle straordinarie competenze che ha sviluppato e che mette a servizio dei propri clienti.

D: Qual è la scintilla che ha dato inizio alla collaborazione con Toscanini?

R: Con Federica c’è stata un’immediata risonanza di punti di vista e la condivisione della ricerca dell’eccellenza come tensione costante nel nostro lavoro. Credo di poter dire che condividiamo la medesima energia e passione, e una curiosità che ci spinge a non fermarci al primo risultato. Toscanini e Schumacher sono aziende storiche, contraddistinte da valori molto radicati, ma capaci di sentirsi libere dal peso del proprio heritage quando si tratta di innovare, immaginare nuove avventure e non farsi scoraggiare dalle difficoltà che inevitabilmente incontra chi guarda avanti.

FT: Concordo su tutto, e voglio aggiungere che questa nostra collaborazione ha entusiasmato il nostro reparto Produzione, abituato all’innovazione continua e a cogliere tutte le sfide: sono venuti a dirmi quanto fossero belli i prodotti personalizzati con i tessuti Schumacher e mentre lo dicevano, avevano gli occhi che brillavano. Se questa non è una dimostrazione del fatto che ci abbiamo visto giusto…!

D: Quali sono le tendenze che rilevi dal tuo osservatorio personale sullo stile e sul design?

R: Percepisco il desiderio di compensare le difficoltà e la bruttezza del periodo storico che stiamo vivendo, circondandosi di bellezza. La pandemia, che ci ha chiusi tutti in casa, ha innescato la voglia di trasformare le nostre abitazioni, di renderle più calde e gioiose, giocando con i colori, le trame e i materiali. Visito parecchie case e mi sono resa conto di come la classica casa di rappresentanza – perfetta ma in qualche modo priva di vita e certamente poco personale – stia lasciando sempre più spazio ad abitazioni che esprimono la personalità di chi le vive. La casa sta diventando il luogo della socialità allargata, un posto dove invitare non solo la cerchia ristretta di amici, ma un punto di condivisione di sé stessi anche con altre persone. Ecco perché è così importante – e divertente, aggiungerei – potersi esprimere liberamente, mixare, sperimentare per raccontarsi e creare atmosfere uniche. Il design e gli accessori, come per esempio quelli che propone Toscanini, sono strumenti preziosi che aggiungono bellezza con pochi tocchi. In quest’arte Milano è molto avanti, ci sono case realizzate attraverso la contaminazione di generi diversi, pattern, tinte, oggetti scelti con amore un po’ qui e un po’ là, come in una moderna Wunderkammer in cui la borghesia torna a essere illuminata, anzi cool.

Salone del mobile Toscanini
Salone del mobile Toscanini